Il Tombino Maledetto. E03

I predatori del tombino maledetto
Episodio 3: La centrifuga del terrore.
«Chi c’è stato?» Chiese ancora il Fato Beffardo.
«Ma nessuno, figuriamoci.» rispose il Rinocestruzzo.
«Sniff sniff… Tu menti.»
«E perché mai dovrei mentirvi, Signoria? Scusi l’ardire – e se mi permetto – ma non ho sempre dato segno di lealtà nei suoi confronti? Non ho sempre mantenuto fede al nostro accordo? Il nostro accordo fruttuoso per entrambi: lei non mi uccide e io la servo.»
La discussione andava avanti nella stanza – se si poteva chiamare stanza – mentre Davide e Marco dentro l’armadio cercavano di decidere come muoversi. Lo dovevano fare velocemente, e lo dovevano fare anche in silenzio, dato che fuori dall’armadio i due esseri stavano sì ragionando a voce alta, ma comunque lo stavano facendo a pochi metri da loro.
«Cerca se trovi qualcosa di utile.» Disse Davide a Marco. Lo disse con un filo di voce simile ad un sibilo.
«Ammazzati: io non cerco proprio un bel niente. Non so se hai notato, ma siamo nel guano fino alle orecchie, e qui mi sa che urge trovare un modo per scappare. Non perdere tempo a rovistare tra le quattro cose inutili che ci sono in questo armadio.» Marco era decisamente arrabbiato.
«Ecco!» sussurrò trionfante Davide, impugnando un martello da guerra – peraltro molto simile a quelli dei nani nello Hobbit. «Tu tieni questo che io mi arrangio.» disse passando il martello a Marco.
«Si, benissimo: e cosa dovrei fare?» gli chiese Marco «Uscire dall’armadio sventolando quest’aggeggio?»
«Sempre meglio che stare qui a vita, no?» rispose Davide.
«Ma non sono mica tanto convinto, sai?!»
SBAM! In quell’istante si spalancò la porta dell’armadio ed i due si trovarono di fronte il testone da cinghiale di Fato. Non sembrava – purtroppo – neanche troppo beffardo mentre sussurrava loro, fra i denti «Eccovi qui, tramezzini.»
Davide scivolò fra le gambe del bestione, mentre Marco impazzito di terrore gli scaricava con tutta la forza che aveva in corpo il martello da guerra sul piede. La bestia urlò di dolore e assestò uno schiaffo col dorso della zampa a Marco facendolo volare per tutta la stanza fino a colpire la parete opposta, di fianco al Rinocestruzzo, che dal canto suo stava cercando di liberarsi dalla catena che lo teneva prigioniero.
Davide dette un morso alla gamba del Fato che urlò nuovamente, lo prese e lo scaraventò dove aveva lanciato il suo amico.
Ci fu un attimo sospeso in cui i quattro si fissarono: il Fato da un lato e Davide, Marco e il Rinocestruzzo dall’altro.
«Siete morti.» disse Fato.
«Parliamone.» disse Rinocestruzzo.
«Lo sapevo.» Disse Marco.
«Frag-Niggu-SemBlem-figarù.» Disse Davide. E si aprì un vortice in mezzo alla stanza. Un vortice enorme che sprigionava venti e saette, come un buco nero con dentro una collezione di tempeste.
«Andiamo.» Disse.
Marco e il Rinocestruzzo si girarono a guardarlo.
«MA ANDIAMO DOVE???» Chiese Marco.
«Nel buco nero. Ovviamente.» Rispose Davide. E aggiunse «Velocemente anche, perchè se entriamo e si richiude su di noi vivremo per sempre un’esistenza a metà.»
Si guardarono un secondo, poi il Rinocestruzzo li spinse entrambi nel gorgo nel momento stesso in cui il Fato Beffardo gli si stava avventando contro. Il fato però riuscì a prendere il Rinocestruzzo per una zampa e a strattonarlo all’indietro, impedendogli di fatto di passare oltre mentre Davide e Marco cadevano nella porzione di universo che gli si era spalancata davanti, procedendo in un vortice a spirale senza possibilità di arresto.
«Aspetta un attimo, perché stiamo cadendo?» Chiese Marco, che aveva sì molti difetti, ma non era un cretino. «Siamo nello spazio. Non esistono punti cardinali. Neanche la forza di gravità. Non possiamo cadere se non c’è un sotto.»
«Esatto.» Rispose Davide. «Ma non stiamo cadendo, è l’inerzia della spinta che ci sposta.»
«Ah.» Rispose Marco. «Mi pare sensato.»
E si mise ad urlare.
Quindi svennero.
Fine episodio 3
