Storie da non leggere – Marco Zamanni e Enrico Corso

di pittrotelli

Gli intervistati di oggi arrivano in coppia e sono Marco Zamanni (MZ) e Enrico Corso (EC), ed in coppia hanno partorito, per Watson Edizioni, Jekyll e Hyde, gamebook che sta riscuotendo un notevole successo.

Il fatto che io ne sia incidentalmente l’illustratore interno di Jekyll e Hyde è da ritenersi un caso.

Una storia fantasy che non vorresti più leggere:

MZ: Sono cresciuto leggendo fantasy. La colpa è di un mio carissimo amico che per qualche ragione si era appassionato al genere in tenera età; fu sempre lui a farmi scoprire i librogame, tra l’altro. A otto anni lessi Lo Hobbit, poco dopo Il Signore degli Anelli, a 11 anni il Silmarillion non capendoci una fava, ovviamente (ricordo solo l’appendice sulla lingua Quenya, usata per scambiare lettere in elfico maccheronico con mia nonna, bontà sua). Da lì in poi ogni prodotto targato Salvatore, Weis, Hickman, Gemmell, Brooks e tanti altri è sempre entrato in casa mia il giorno successivo all’uscita. Dopo vent’anni sono entrato in saturazione.
C’è un solo tipo di opera fantasy che oggi riesca davvero ad apprezzare, ed è quel genere di storia che sconfina nel mondo delle fiabe, come Il Mondo Disco. Quelle che, per usare le parole di qualcuno (credo fosse proprio Pratchett o magari Brennan, non ricordo), senza la magia non potrebbero funzionare in alcun modo.
Ragionando al contrario, potrei dire che l’opera fantasy che non vorrei più leggere è quella che usa l’elemento del fantastico come mero contorno, oppure come giustificazione per evitare di creare un’ambientazione coerente. Insomma, se state scrivendo un bellissimo ed emozionante giallo, lasciatemi le indagini e la parte deduttiva e mettete da parte quegli orchi, vi scongiuro!
Inoltre ho grossi problemi con quei racconti scritti scimmiottando una struttura dei periodi anglofona. Per capirci, quelli che invece di dire: “il drago si sollevò in aria di colpo con un battito d’ali possente, scaraventando il cavaliere nelle profondità della grotta” scrivono “improvvisamente, con un possente battito d’ali, il drago, scaraventando il cavaliere nella profondità della grotta, si sollevò in aria”, o cose simili. È un problema che riguarda tutta la letteratura “di genere” moderna, ma che riscontro soprattutto col fantasy.  

EC: Premetto che il fantasy non è un genere che ho bazzicato molto: preferisco la mitologia classica al mondo fatato di orchi e draghi. Sarà perché essa è stata la mia prima lettura da bambino e da lì non ho più smesso di leggere. Il fantasy l’ho più “giocato” con gli amici, ammirando il fatto che il solo limite sia la tua fantasia. Uno dei pochi “massimi sistemi” a cui mi sono avvicinato è stato la Storia infinita e altre opere di Ende… Sarà perché me li regalavano a Natale! Devo ammettere però che ho letto di mia spontanea volontà “il Simarillion” a 24 anni sapendo benissimo a cosa andavo incontro e mi ha stupito… In fondo era mitologia pure quella! Per rispondere alla domanda comunque posso dire che personalmente non mi attrae il fantasy di maniera, se così si può chiamare: il classico trittico di maghi/draghi/cavalieri… Preferisco un imbastardimento con altri generi o altri generi travestiti da fantasy, anche se forse dovrei provare qualcosa di Brooks o Bradley sotto l’ombrellone…

Una storia di fantascienza che non vorresti più leggere:

MZ: Non so se è una cosa comune, ma da appassionato di fantasy da ragazzino non amavo particolarmente la fantascienza. L’unica serie a cui mi sia davvero appassionato crescendo è stata quella di Dune – c’entrerà il fatto che con i numeri sia sempre stato scarsissimo? Chi lo sa.
In ogni caso, le opere di fantascienza che mi mandano in bestia sono in primo luogo quelle incoerenti. Mi va benissimo che in un romanzo si possa viaggiare alla velocità della luce, o che esistano mondi lontani popolati da forme di vita identiche agli umani, salvo un paio di dettagli: basta che tutte le premesse della storia vengano sempre rispettate, senza generare incoerenze perché “la storia deve procedere in un certo modo”. Cosa che purtroppo invece accade molto spesso (anche nel sopra citato Dune).
Il secondo tipo di opera che detesto è quello che si appiattisce su un archetipo dando per scontato che il lettore sia familiare con il sub-genere. È un problema che ho soprattutto con il cyberpunk: mi viene spontaneo interrompere la lettura quando leggo parole come “plastacciao” e simili infilate a caso nel testo anche quando non servono, solo perché “così si fa” in un romanzo di quella tipologia.

EC: Altro genere poco consono a me, ma in realtà come tutti sono vittima dell’uso improprio del termine. È fuorviante perché, come diceva Fruttero, bisognerebbe definire la fantascienza come “narrativa speculativa”, ossia un contenitore più ampio dove ci sono futuri distopici ma possibili… Oppure quel pessimismo che c’era negli anni 50/60. In generale la parte “marziana” più pura o fine a sé stessa, con astronavi e raggi laser per dire, non fa per me.

Una storia horror che non vorresti più leggere:

MZ:Questa è facilissima: l’ennesima storia che per fare soldi tenta di riciclare Lovecraft e le sue opere, in particolare il Richiamo di Chtulhu. Che poi chiariamoci: ci sono alcuni racconti del solitario di Providence che meritano il loro posto nell’immaginario collettivo, uno su tutti Le Montagne della Follia. Ma non ho mai capito come abbia potuto diventare così popolare la storia di un polpo gigante onnipotente e immortale che (spoiler?) alla fine subisce la stessa sorte di Ursula ne “La Sirenetta”.

EC: Adesso ci siamo! È uno dei generi in cui ho sguazzato in tante forme. Il macabro e la paura hanno sempre esercitato un fascino su di me. Ho letto parecchi grandi, da Poe a King, passando per Bradbury ai russi come Bulgakov o Gogol fino ai recenti Lindquist e ho sempre apprezzato le sfumature di ciascuno anche in cliché abusati. Quello che non mi piace ultimamente sono le storie di vampiri adolescenziali, forse perché hanno saturato il mercato con canovacci ormai ritriti da Twilight e compagnia mordente. Ed è paradossale perché il vampiro è un’ottima metafora per il disagio adolescenziale. Lo stesso vale per alcuni horror recenti che pagano lo scotto di avere una matrice televisiva, con un buon incipit ma che poi hanno una risoluzione telefonata o non coraggiosa.

BIOGRAFIE:
Marco Zamanni è nato e cresciuto a Genova e questo dice molto sul suo carattere. Appassionato di letteratura interattiva sin da bambino, è autore di “Jekyll e Hyde” (edito dalla Watson Edizioni), “Fortezza Europa – Londra” (autoprodotto) e della serie “Dragowolf”, pubblicata con il sito Librogame’s Land nella collana Librinostri. Collabora al canale di recensioni di giochi da tavolo “Recensioni di Chiara.” Nelle sue opere cerca di coniugare l’arte del game design moderno, di cui è appassionato, con le storie a bivi classiche che siamo abituati a conoscere.

LINK: https://www.facebook.com/MarcoZakimosZamanni

Enrico Corso è nato a Genova nel 1981. Lettore vorace fin da piccolo si è evoluto in mangialibri per poi attraversare lo specchio come Alice e diventare autore di testi di canzoni e racconti. È autore di “Jekyll e Hyde” (edito dalla Watson Edizioni), assieme a Marco Zamanni per il quale ogni tanto scarabocchia dei disegni per i suoi librigame. PS. Chi avesse notizie di Alice o dello specchio telefonare ore pasti. Lauta ricompensa: un disegno.