Della Transustantazione (Divagazioni sull’Arte Contemporanea due)
Seconda puntata su cultartes.com delle mie Divagazioni sull’arte contemporanea. Qui di seguito il testo in italiano, e sotto il link per l’originale in inglese.
Divagazioni sull’Arte Contemporanea
di Pietro Rotelli
Parte Seconda: Della Transustantazione
L’oggetto come oggetto e l’oggetto come metafora, come rappresentazione, come pretesto, come sublimazione.
Una volta era semplice: per rappresentare un vaso, scolpivi o dipingevi un vaso. Semplice, lineare, quasi imbarazzante nella sua coerenza rappresentativa.
Per rappresentare una fontana, dipingevi una fontana, che significava una fontana.
Cosa direste se io prendessi un orinale, lo capovolgessi, lo mettessi in mezzo ad una sala bene illuminato e lo chiamassi “Fontana”? Strabiliante, vero? Ho preso un oggetto e l’ho fatto divenire altro. Magia? No, è il primo dogma dell’arte contemporanea, la transustantazione.
Secondo questa dottrina, la sostanza di un oggetto si trasforma, attraverso un atto di fede o un miracolo. Ciò che vediamo non è ciò che crediamo di vedere, è qualcosa di diverso, qualcosa che non è evidente alla presenza fisica o materiale, dal momento che la sua sostanza è cambiata. È invisibile ad occhio nudo. Per farla esistere, è necessario credere nella sua trasformazione.
La transustanziazione si basa sui due dogmi secondari di concetto e di infallibilità. In primo luogo, la dottrina del concetto. Quando Marcel Duchamp ha rivendicato la responsabilità per l’orinatoio come opera d’ arte, nel 1917, nel suo testo firmato R. Mutt, ha detto testualmente:
“Che Richard Mutt abbia fatto o meno la fontana con le proprie mani non importa, lui ha scelto. Ha preso un articolo ordinario della vita, collocandolo in modo che il suo significato originario scomparisse sotto il nuovo titolo ed il nuovo punto di vista, ha creato un nuovo pensiero per quell’oggetto.”
E ‘ questa nuova idea, questo concetto, che ha trasformato in fontana l’orinatoio, e quindi in opera d’arte. L’ orinatoio in quanto tale non si è mosso di un millimetro, sembra sempre lo stesso ed è quello che è, un oggetto prefabbricato comunemente usato, ma il “volere” di Duchamp ha dato luogo alla sua metamorfosi religiosa.
Fate attenzione: il discorso qui sopra gioca qui un ruolo cruciale: il cambiamento non è visibile, il cambiamento è annunciato. Così come fa il prete con l’ostia , verbalizzare questa trasformazione è essenziale per la sua effettiva attuazione nella mente di chi guarda.
E’ ovviamente richiesto un atto di fede. Non ci viene chiesto di dare un significato a ciò che vediamo (come potrebbe avvenire per un quadro informale), ci viene detto cosa in realtà è. Ci viene chiesto di affidarsi al dogma della sua transustanziazione e di accettarlo senza metterlo in discussione.
Se il pubblico dice che la detta direzione è assente (non è una fontana, ma un pisciatoio!), è lui che si sbaglia, perchè l’artista, il curatore ed il critico hanno una cultura, una sensibilità particolare, metafisica e demiurgica che consentono loro di vedere ciò che al volgo non è ovvio ne’ tangibile.
I valori nozionali del lavoro sono inconfutabili e infallibili.
E perché decidiamo di credere? Perché l’accesso a questa verità ci rende superiori: questo da un valore a ciò che non lo ha , ma anche uno status intellettuale a coloro che sono coinvolti nel miracolo.
In questo processo ha molta importanza il modo con cui la descrizione, o il titolo, innescano il meccanismo mentale della transustanziazione.
Hirst infila squalo tigre di oltre 4 metri in formaldeide dentro una vetrina. Ok, è un lavoro di tassidermia, ne’ più ne’ meno del gufetto impagliato sul camino del nonno.
ok, e perché è valutato 12 milioni di dollari?
Attenzione al titolo:
The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living
(ovvero, L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo).
Ecco che non è più un animale imbalsamato, ma un’opera d’arte costosissima e ambitissima.
(la curiosità è che avendo sbagliato – pare – la composizione della formaldeide, lo squalo si stava deteriorando. Nessun problema, apriamo tutto e sostituiamo lo squalo. Nessuno scandalo, nessun sacrilegio. D’altronde non è lo squalo in se l’opera, ma il concetto espresso.)
ART ATTAK:
per divertirci potremmo fare un bel gioco artistico: prendete la prima cosa che avete sotto mano o comunque qualcosa di comune, fotografatelo con lo smartphone e dargli un titolo che crei la magia. E postatelo qui nei commenti… vedrete, potrebbe essere divertente.
Lo trovate qui nella sua versione inglese.